Fuente: Europaconcorsi
Fotografía: Lamberto Rubino
La realizzazione del padiglione sulle fondazioni del tempio ionico pone l’archeologia come materia attiva e fondativa dell’architettura. Costruire sui resti di edifici antichi oggi sembra qualcosa di “straordinario”, in passato era una comune pratica di rigenerazione. Il tempio da “disvelare” è stato scoperto parzialmente, negli anni ’60, dagli archeologi Gino Vinicio Gentili e Paola Pelagatti a seguito degli scavi precedenti alla realizzazione di un edificio comunale limitrofo all’area di progetto. Tale costruzione, ingloba al piano interrato i resti delle fondazioni del tempio di Artemide a cui si accede attraverso una scala interna all’edificio.
Tutto il percorso però risulta poco fruibile a causa di una scala di servizio interna agli uffici comunali. Il Padiglione di accesso agli scavi del tempio ionico – secondo l’interpretazione di alcuni archeologi l’Artemision di Siracusa- diventerà un antiquarium che conterrà principalmente i numerosi reperti greci rinvenuti con gli scavi archeologici già eseguiti, nel corso dello scorso secolo, presso l’area dei templi di Artemide e di Atena. Sul lato opposto, all’are di progetto permane la colonna d’angolo del peristilio del tempio dorico di Atena inglobato nel sistema murario della cattedrale. Il progetto realizza, mediante lo scavo archeologico, il collegamento con un’area “sepolta”, oggi poco conosciuta, quella dei sotterranei dell’edificio comunale che custodisce parte della testimonianza millenaria dell’isola di Ortigia. Tra questi si individuano i resti delle fondazioni del tempio ionico, di alcune capanne sicule della tarda età del bronzo e la cripta della chiesa di S. Sebastianello. Il progetto trova la genesi nell’area di sedime e il padiglione concepito come un “monolite cavo” di calcare duro è generato dal “magnetismo” delle vestigia sotterranee del tempio ionico e dall’ adiacenza del tempio dorico l’Athenaion.
La colonna d’angolo di quest’ultimo dista dal padiglione soltanto 18,30 mt. I materiali e l’illuminazione interna del padiglione sono interpretate come evocazione contemporanea di un ambito ipogeo, memoria delle Latomie del Paradiso di Siracusa, un luogo nascosto, caratterizzato dalla penombra e dalla luce misurata con parsimonia, che filtra attraverso la “lanterna” appesa al tetto. Al termine del percorso, si scopre un piccolo giardino ombreggiato e fresco, una sosta deliziosa prima dell’uscita. “Il giardino di Artemide”. I° fase dell’intervento. Limitrofo all’area di scavo, verso l’interno, si trova il Giardino di Artemide. Il giardino è stata la prima fase di un intervento globale, che trova il suo completamento con l’assetto dell’area “libera” su via Minerva tramite la realizzazione del padiglione di accesso agli scavi del tempio ionico. Il giardino secondo un processo di vivificazione della memoria storica e dell’immaginario mitologico, recupera le potenzialità di un’area fortemente stratificata. Tale stato ha suggerito di compiere un intimo intreccio fra l’artificio dell’intervento e la spontanea forza della natura. Non si è realizzato, come richiesto dall’amministrazione un civico ortus conclusus, ma, un giardino spontaneo con le essenze “infestanti” già presenti nell’area. Tale spazio è stato così immaginato come “offerta” ad Artemide che, nell’immaginario mitologico, è rappresentata come dea vergine della fertilità, protettrice delle belve feroci, dei boschi, e delle ninfe.